Quando un Aikidoka consegue lo shodan, il grado di cintura nera, solitamente si dice e si ama ampiamente ripetere che in quel momento – e continuando ad allenarsi con dedizione – un Aikidoka sceglie quella disciplina per la vita.
Prendiamo cinque minuti per capire meglio se, quando e come questa frase si adatta alla vita di tutti i giorni. Una vita ordinaria, immersa in quella che il grande sociologo polacco Zygmunt Bauman ha definito “società liquida”.
Una società che è in continua ricerca di un qualche equilibrio, in cui tutto sembra destrutturato, a partire dalle relazioni, il lavoro, le istituzioni, e così via.
Un impegno “per la vita” è qualcosa che ha una connotazione fortemente diversa rispetto a un mondo liquido, in cui tutto cambia e nessuna certezza può resistere a questo schema.
Tuttavia una tale prospettiva di impegno affascina fortemente l’umanità.
L’architettura, così come i grandi capolavori dell’arte sono una delle evidenze del tentativo dei nostri antenati di oltrepassare i confini del tempo. E, in generale, quando camminiamo nelle nostre città, siamo circondati da edifici che non sono stati tirati su nella notte, come i funghi; piuttosto rappresentano un’eredità di quelli che hanno vissuto il nostro stesso ambiente prima di noi.
Secondo le statistiche, nei paesi occidentali, più di una coppia sposata su due si dissolve e divorzia. Probabilmente questo è il motivo principale per cui molte coppie vivono le loro relazioni senza sposarsi. Tuttavia la volontà di trascorrere la vita insieme “per sempre” ispira potentemente la vita di ogni coppia. Sposata o no.
Questa è la nostra natura: la natura cerca stabilità ed equilibrio. E l’equilibrio stabile è qualcosa che può essere vissuto, sperimentato e raggiunto solo nel lungo termine.
Le arti marziali e in particolare le discipline come l’Aikido tendono ad aggregare persone che, più o meno intenzionalmente, sono attratte dall’intima capacità di tali discipline di contribuire al riequilibrio del sistema psicosomatico dell’individuo.
“Scegliere l’Aikido per la vita” può quindi sembrare molto interessante per due motivi principali. In primo luogo, l’individuo si percepisce come capace di una sorta di rinascita, in cui può ricominciare un nuovo capitolo. Questa caratteristica ha un valore intrinseco enorme, specialmente se l’individuo ha sperimentato molti fallimenti (come tutti, del resto).
Secondo. La cintura nera rappresenta una sorta di obiettivo. In effetti, è un obiettivo. Basta vedere la frenesia pre-esame di qualunque principiante. E un obiettivo diventa uno scopo nella vita. Uno scopo nella vita può diventare un pilastro del “nuovo io” che l’individuo cerca di costruire.
Lo scoraggiamento può apparire, lungo questo percorso. Caspita, se appare.
E quando si raggiunge la cintura nera -quando, nel modo di pensare giapponese, mostri che hai deciso di impegnarti davvero a studiare quella disciplina- i problemi di equilibrio si manifestano con tutto il loro potere energivoro. E ci si può facilmente scoraggiare, quando ti rendi conto che la cintura nera è la nuova cintura bianca. Rendersene conto può far male. E può bloccare. Ma come? Adesso che sono una cintura nera ho ancora difficoltà, insuccessi, fallimenti? Chi mi ha mentito? Chi mi ha illuso?
Anche se indossi con orgoglio sul tatami il tuo equipaggiamento fatto di indumenti scuri (eventualmente abbinato ad una certa miglioria delle tue abilità), ti rendi conto rapidamente che vivi ancora e comunque in una società liquida.
Tra l’altro, dal momento che quel simpatico pezzo di stoffa scura ti identifica come membro anziano del Dojo, ti verrà richiesto di profondere più impegno, coinvolgimento e accuratezza. In tutto.
Ma l’orologio sul quadrante ha comunque e sempre 24 ore. Nessun “extra time” per la cintura nera.
E allora?
Fortunatamente, questo sentiero ci riserva qualche gradita sorpresa. Vere e proprie pepite d’oro che dobbiamo saper cogliere. Vediamone alcune:
Primo: una maggiore capacità di focalizzazione. Dal momento che non siamo (ancora) in grado di creare la venticinquesima ora del giorno, possiamo tuttavia sviluppare l’abilità di concentrarci meglio su ciò che stiamo vivendo e facendo. Questo risultato è ottenuto grazie alla ripetizione a volte noiosa di esercizi e routine. Una pratica prolungata può restituire a tutti il dono di una mente acuta e pulita. Ciò consente di divenire ogni giorno più capaci di trarre il massimo dalle esperienze. Un sistema focalizzato e presente sicuramente beneficia di un breve allenamento molto più di uno distratto e ondivago, magari solo fisicamente presente ad un evento di 8 ore di Aikido.
Secondo: una brutale chiarezza con la nostra pianificazione. Il tempo conta, anche se probabilmente quello che chiamiamo tempo non esiste realmente… Una mente concentrata odia perdere tempo. E l’atteggiamento di provare a vivere pienamente la nostra vita può risultare molto potente nelle nostre (nuove) abitudini. Tutto dell’ordine del giorno può essere rivisto e ottimizzato, anche se siamo costretti ad agire in cornici che non possiamo rompere (ad esempio gli orari di lavoro, per citarne una).
Terzo: un atteggiamento più sincero nel dire sì o no. Poiché un sistema attento e orientato alla corretta gestione del tempo è allenato e forgiato come una lama affilata (in effetti, l’allenamento di Aikiken è strutturato per sviluppare la decisione), è possibile riempire il nostro sì e il no con un nuovo tipo di presenza e consapevolezza, rimodellando i nostri compiti quotidiani.
L’elenco potrebbe continuare con diversi altri punti. Quello che vorremmo sottolineare qui è che i problemi di bilanciamento delle varie istanze delle nostre vite possono essere risolti (o almeno ridotti) se solo siamo disponibili ad analizzare la nostra vita quotidiana alla luce di una disciplina.
Alcuni esempi sono sicuramente stimolanti, ma possono essere fuorvianti e, alla fine, molto pericolosi.
È indiscutibile che coloro che scelgono una via per la propria vita attraggono il nostro rispetto. E a volte innescano la nostra invidia, perché, quello che possiamo vedere su di loro è una vita “semplice” e “facile”. In realtà vediamo la punta dell’iceberg di un percorso di una vita intera e della conseguenza di una coerenza.
La radicalità affascina, molto. Ma la forma che ha nelle nostre vite non può essere la stessa per tutti.
Altrimenti, saremmo dei cloni, non dei capolavori unici. Come in effetti siamo
Diciamolo: potrebbe essere pericoloso per un tizio, affascinato da San Francesco d’Assisi, copiare la decisione di San Francesco di spogliarsi pubblicamente senza aver prima raggiunto la stessa consapevolezza spirituale.
Lo stesso può accadere in ogni comunità. L’impiegato giovane che, scimmiottando il codice di abbigliamento, il linguaggio e la mimica del suo senior manager, apprende sicuramente un certo stile ma rischia di perdere il nocciolo, l’essenza dell’esperienza lavorativa.
La figlia che modifica il suo temperamento solo per rendere felice sua nonna, dimenticando di capire perché dovrebbe comportarsi in quel modo. E così via.
Scegliere “per la vita” qualcuno o qualcosa di sicuro richiede un investimento significativo in termini di tempo, passione, pazienza, la capacità di gestire eventi imprevedibili e un altro miliardo di cose. Ma questo non significa dimenticare il bisogno di cercare e raggiungere il proprio equilibrio.
Stare fisicamente incollato ad una moglie 24 ore su 24, 7 giorni su 7, non garantisce al marito il matrimonio perfetto, né, all’opposto, dirle “Ti amo” una volta all’anno, se va bene.
Le attività del Dojo sono uno strumento potente in cui sperimentare la vera ed interiore essenza dell’impegno, che fa crescere e alimenta l’ “io” grazie al proprio lavoro e grazie agli altri, aiutando sempre questo tipo di processo, molto personale, ad essere onorato contemporaneamente dall’ “io” e dal “noi”
L’impegno è un’ancora per noi, navi che ondeggiano nell’oceano della modernità liquida. Scoprire la qualità di questo impegno – scoprire il nostro tonnellaggio in termini di profondità personale – è la nostra missione.
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