Nel 2004 due professori di uno dei più prestigiosi centri di formazione economica mondiale, l’INSEAD, hanno coniato il termine “Blue Ocean Strategy“.
In breve, dopo aver analizzato la storia di circa centocinquanta imprese, accomunate dal fatto di essere di successo e apparentemente senza una grossa concorrenza, hanno stilato una sorta di mappa strategica. L’obiettivo era dare un contributo a imprese e manager per provare a garantire una crescita stabile, un successo duraturo e una gestione efficace delle iniziative.
“Blue Ocean” perché, nella prospettiva degli autori, il pesce può prosperare quando ha il coraggio di trovare spazi aperti, anziché contendere cibo e territorio con i suoi simili.
Chi ha qualche esperienza di immersione sa come il mare sia in effetti un luogo incredibilmente vasto e popolato. Affascinante quanto inospitale -non solo per noi che ne siamo ospiti osservatori- è una fonte di sicura ispirazione per l’uomo di tutte le epoche.
Così, che siano il mare -e i quattro pilastri della Blue Ocean Strategy- a ispirare le linee guida di questo nuovo anno. Scolastico, lavorativo, di pratica, di relazioni.
- Aumentare (ovvero migliorare) qualche aspetto del nostro vivere oltre i livelli di quanto siamo abituati a fare/riscontrare intorno a noi. Ci disturba il pressapochismo? Cerchiamo di sviluppare maggior precisione. La banalità ci annoia? Lavoriamo sulla nostra presenza. Non digeriamo una certa persona? Proviamo a cambiare approccio.
- Ridurre (ovvero lasciar andare) qualche abitudine, qualche tratto della nostra esistenza a cui siamo abituati magari anche per convenzione sociale ma che in definitiva non ci migliora. Facciamo un consumo spasmodico di media? Riduciamo un poco e liberemo un sacco di tempo libero. Corriamo dietro le opinioni altrui? Iniziamo ad ascoltare meglio il nostro cuore e riprendiamo in mano qualche libro.
- Eliminare (ovvero fare pace con quanto lasciamo andare) ciò che per lungo tempo ha attraversato la nostra esistenza senza creare un grammo in più di valore, né per noi né per gli altri. Ci portiamo il lavoro e le sue preoccupazioni a casa? Riappropriamoci dei confini della nostra vita. Determinate situazioni ci inducono in condizioni di ansia, di preoccupazione? Non esitiamo a tagliare e a virare verso acque più limpide
- Creare (ovvero dare vita a nuove prospettive) ciò che non ci siamo (mai/ancora) dati il permesso di sondare. Un’ora in più per noi. Un nuovo interesse. Un esercizio, una tecnica, svolti con una nuova prospettiva.
Avere il coraggio di andare un po’ più distanti da riva, dove il mare è più profondo non è qualcosa che si improvvisa.
Reggere lo sguardo col fondo che gradualmente non si vede più, avvolgendoti con il suo blu scuro ti porta al limite delle tue forze e delle tue paure.
Crediamo fermamente che la pratica di una disciplina sia il catalizzatore di un cambiamento lento e inesorabile della rotta di chi la vive.
Crediamo ancora di più che i mesi, gli anni a venire chiamino tutti a una maggiore responsabilità verso se stessi, verso gli altri in cui ci specchiamo e che con noi formano la società in cui viviamo.
Il nostro piccolo sforzo per andare a vivere in mari più puliti e sereni passa anche attraverso le umili attività quotidiane. Passa certamente attraverso la fedeltà all’inderogabile e non delegabile mandato di vivere la propria vita.
Questo è quello che facciamo: la lama della tecnica aiuta a focalizzare questo sforzo. Certo, all’interno di giornate complesse in cui quello che si fa in un Dojo, a casa, a lavoro, in auto, in uno spazio di preghiera, in una Chiesa come in una casa di una persona da visitare, non è che un tassello di un mosaico il cui senso dipende dalla nostra responsabilità.
Buona ricerca di oceani blu!
Foto di Harrison Haines da Pexels