Oggi vi parleremo di V.
Ha dieci anni, ha appena terminato la quinta elementare e…Pratica Aikido.
Siccome V. non poteva continuare a frequentare il corso per bambini e preadolescenti per problemi di orari con la sua scuola, quest’anno, una volta a settimana, si è allenata nel corso degli adulti.
Generalmente questo non si fa, per tanti buoni motivi. Prima di tutto perché è corretto che un ragazzino possa confrontarsi con i suoi coetanei; in secondo luogo ogni persona che sale sul tatami ha il diritto e la necessità di essere il soggetto di un percorso che ne faccia brillare il potenziale. Le esigenze del singolo devono essere tenute in considerazione esattamente come quelle del gruppo. Si corre il rischio di far vivere un’esperienza o troppo difficile da afferrare per un giovane che non ha ancora gli strumenti per decodificarla o troppo edulcorata per coloro che tali strumenti possiedono già.
Ma noi abbiamo l’ambizione di praticare Aikido, una disciplina di integrazione e di superamento di una visione duale sulle cose. Inoltre V. aveva dato prova di essere, nel corso per bambini, dotata di quei particolari talenti -intellettivi, fisici e attitudinali- che le avrebbero permesso di condividere l’esperienza della pratica in un contesto di adulti.
Pur nell’eccezionalità della situazione, la sua presenza si è rivelata un dono per tutto il gruppo. Da un lato gli adulti si sono dovuti trovare nella situazione di dover mettere in campo tutte le attenzioni necessarie per una pratica in sicurezza con V, fedeli al mandato inderogabile di non portare su un corpo in fase di rapido sviluppo leve articolari.
Dall’altro V. ha dovuto adattarsi ad una didattica e a ritmi diversi da ciò a cui era abituata. Non è stato un percorso facile ma V., in un momento di stizza a inizio stagione, ha detto: “Non voglio essere compatita dai miei compagni”.
E cosa vuoi dire di fronte a una ragazzina che a dieci anni si esprime così; che le fai vedere una tecnica due volte e te la ripete pulita, esatta? Chiudi la bocca, che nel frattempo si era spalancata e inizi un percorso che, come tecnico, educatore e praticante, diventa un’esperienza che ti arricchisce, ti fa esplorare metodologie che nemmeno sapevi potessero esistere e ti fa rivivere la gioia, la freschezza e l’entusiasmo di un eterno inizio.
Shoshin (初心), lo spirito del principiante, è un termine composto dai due ideogrammi di “inizio” e di “cuore“.
Ed è il cuore che, grazie al suo entusiasmo, torna all’età di V.
V. ha portato a scuola un elaborato…su Morihei Ueshiba. La maestra a fine maggio aveva chiesto ai suoi alunni di fare una ricerca su un personaggio famoso, ed ecco quattro facciate scritte con la grafia sicura di chi sta transitando velocemente verso la preadolescenza.
Non è il “che cosa” ci sia scritto che importa. C’è tutta la storia, vista con gli occhi di una giovane praticante di Aikido. La storia di un ragazzino gracile, che il padre manda a irrobustirsi nelle pratiche di diverse discipline; l’incontro con Sokaku Takeda, il Daito Ryu, l’incontro con un “Santo Guru” (che sarebbe Onisaburo Deguchi!), la morte del padre, la crisi spirituale, le fasi nazionaliste,la strampalata spedizione in Mongolia, la maturità, la nascita dell’Aikido… C’è tutto.
E’ il “come” sia scritto: una presentazione lineare, articolata per giungere alla conclusione. A quegli ultimi paragrafi in cui si parla dei principi dell’Aikido diffusi in tutto il mondo. Un mondo in cui si trovano Dojo, alcuni piccoli, altri più grandi, nei quali “in segno di rispetto” verso O’Sensei “si fa il saluto iniziale e finale di fronte al suo ritratto”.
Racchiuso nell’esperienza del saluto iniziale e finale, in una sorta di alfa e omega c’è il vissuto di V. e la sua esperienza del rispetto e della comprensione dei principi veicolati dalla disciplina che condividiamo.
Nella circolarità del saluto, che apre e chiude gli allenamenti e, al loro interno, gli infiniti scambi nella pratica con i compagni, c’è la volontà di iniziare, ogni volta, a dare libertà di espressione a tutto ciò che V. è. Questa è l’essenza dell’Aikido ed è commovente come i più piccoli siano così naturalmente vicini e allineati a quanto noi faticosamente cerchiamo di recuperare.
Libertà e cuore non sono solo due caratteristiche dello spirito del principiante. Sono i due pilastri della nostra intera esistenza ed abbiamo tutti il dovere di permettere che il cuore di tutti, specialmente dei più piccoli, sia mantenuto pulito per far radicare, nella libertà, la profondità dei principi e dei valori che cerchiamo di vivere nelle ore di pratica e di diffondere nella restante parte della giornata.
Grazie V! Hai dimostrato, chiamando “compagni” gli altri membri del gruppo adulti, che una pratica svolta in modo sereno, impegnato e libero abbatte qualsiasi distanza. Per questo V. continuerà, per scelta sua e della sua famiglia, questo percorso così intenso allenandosi dalla prossima stagione sia con i coetanei, sia con il gruppo dei suoi attuali compagni. Non esiste più un adulto, un anziano, un bambino. Esiste quella parte di noi più autentica, che è senza tempo perché eterna e che chiede di essere riconosciuta e messa al centro.