Giocare con le parole può essere divertente, se fatto con moderazione.
Così, quando ci riferiamo all’Aikido (o a qualsiasi disciplina marziale) come una disciplina ideale per lo sviluppo integrale della persona, siamo di fronte a tre possibilità.
Se siamo normodotati, leggiamo la frase per quello che è: l’Aikido (o qualsiasi disciplina marziale) può servire per lo sviluppo di tutte le componenti di una persona.
Se siamo inclini a raccontare le barzellette nello spogliatoio, possiamo iniziare a immaginare un aikidoka integrale, fatto di fibre e crusca (che si inzuppa sotto la doccia).
Se siamo particolarmente contorti, scriviamo su un blog e abbiamo sudato sangue in un Politecnico, possiamo pensare all’integrale dell’Analisi Matematica e provarci a fare un ragionamento.
Ed è questa terza strada che prendiamo, senza finire a disquisire di matematica o fare discorsi che non capiremmo nemmeno noi,
In Matematica si dice che l’integrale di una funzione è un’altra funzione più una costante arbitraria
Questo risultato è detto anche antiderivata. Infatti, se prendiamo questo risultato e ne calcoliamo la derivata, torniamo alla funzione di partenza, visto che la derivata di una costante è sempre uguale a zero.
Semplice, no? Mah!
Proviamo a vedere integrale e derivata non come due pilastri della Matematica ma come due strumenti per comprendere la nostra traiettoria.
Semplificando molto, si può dire che l’integrale sia (anche) un modo di misurare l’area racchiusa da un grafico in un certo intervallo. In altri termini, la capacità di integrare non è altro che la capacità di “riempire” in modo consapevole una traiettoria.
La Matematica però ci dice che ogni volta che facciamo lo sforzo di integrazione, compare…una variabile arbitraria di valore indefinito.
Ma come? Investo tempo, denaro e sudore per cercare di modificare qualcosa di me, per cercare di limare quelle parti di me che sembrano sempre uguali e scopro che il risultato è ottenere un me stesso diverso perché ha…infinite costanti!
Sì perché l’integrazione ha senso se verificata con la sua operazione complementare, la derivazione. Cioè con un sistema in grado di verificare il cambiamento, l’evoluzione di una funzione, di una traiettoria, in un dato intervallo.
La Matematica insegna che, appunto, la derivata di una costante è sempre zero. Se qualcosa è costante e non cambia, non si può apprezzare la crescita.
Ma se l’integrazione della nostra traiettoria restituisce un risultato, insieme a delle costanti, allora si può e si deve avere il coraggio di misurare la nostra evoluzione.
Ecco allora alcune semplici osservazioni.
Ognuno di noi ha una traiettoria: a volte definiamo la nostra esistenza come una parabola, che è un termine matematico.
All’interno di questa traiettoria possiamo dotarci o meno di strumenti di consapevolezza per vivere pienamente il nostro intervallo di tempo.
Le Arti Marziali, come ogni altro lavoro su sé stessi e come tutti i percorsi di sviluppo integrale, ci modificano e scolpiscono le nostre convinzioni. A volte modificandole, a volte rafforzando quanto eravamo già, a volte inserendone di nuove.
C’è talvolta una sottaciuta idea di fondo in alcuni ambienti di pratica dove si ritiene che avere convinzioni forti sia esclusivamente un segno di rigidità mentale e che, in fondo, la pratica dovrebbe restituire una sorta di limbo privo di esse.
Ma la vita, prima ancora della Matematica, che ne è uno dei linguaggi, insegna proprio il contrario. Il cambiamento e l’integrazione restituiscono costanti, che sono le ancore su cui si basa la misura della crescita e l’evoluzione del nostro essere. Arrivare ad avere dei punti fermi è una conquista cui tendere, non una minaccia da sventare.
Questo, insieme alle difficoltà legate all’aspetto fisico delle tecniche, è il motivo che sta dietro le crisi che ciclicamente attraversano la pratica -insieme al resto della nostra esistenza.
Infatti, se ci limitiamo a misurare la derivata in un intervallo molto stretto, potremmo vedere che anziché crescere stiamo in realtà peggiorando. E anche questo è non solo reale ma anche necessario: per crescere e migliorare, il nostro sistema deve accettare di faticare, di andare talvolta in apnea, per poter impostare una traiettoria di evoluzione stabile.
Ovviamente questo fa paura e confligge con l’abitudine ed il desiderio di ottenere subito risultati.
Ma i risultati si vedono alla distanza. E se è vero che a volte definiamo la nostra vita come una parabola, beh, se facciamo l’integrale di una parabola dobbiamo ammettere che la sua area ha un valore che non riusciamo a quantificare…
Perché l’integrazione è un processo che non ha mai una fine.