Scusa, tuo padre è un ladro?

Scusa, tuo padre è un ladro? Perché ha rubato le stelle dal cielo e le ha messe nei tuoi occhi…

Alle scuole medie ero in una sezione di soli maschi e alcuni sostenevano che queste frasi stucchevoli funzionassero per fare colpo sulle ragazze. Avevo derubricato tutto ciò a quel tipo di atteggiamenti assurdi -e tremendamente fastidiosi tanto da ricevere quanto da ascoltare- che trovano spazio solo nella pubertà.

Fino a quando, recentemente, l’ho sentito usare dal vivo. Con un risultato molto scontato: uno sguardo di fastidio e incredulità che ha troncato qualsiasi possibilità al giovane Casanova formatosi all’Accademia delle Scritte nei Bagni.

Con settembre e con la graduale ripresa delle attività, ripartono anche i corsi di Arti Marziali.

Provando a guardare come con una telecamera esterna il “nostro” mondo, per quanto riguarda la comunicazione, sorge un unico, enorme dubbio.

Ma non è che si cerca di attrarre il pubblico con una comunicazione appassionante tanto quanto dire a una ragazza: “Scusa, ma tuo padre è un ladro”?

Perché una persona estranea al mondo delle discipline marziali dovrebbe essere interessata a qualcosa che spesso è comunicato in un modo oscuro? Con un linguaggio spesso pieno di termini incomprensibili? Con una grafica improvvisata e spesso con dei fermo-immagine di persone attempate che rappresentano il massimo della staticità?

E se questa persona dovesse mai guardare un po’ di video sulle varie piattaforme, come potrebbe reagire di fronte a una marea di video agiografici di questo o quel caposcuola? Cosa potrebbe concludere dopo aver visto video in cui Tizio che pratica la disciplina X diventa uno sparafango verso la disciplina Y e quindi sparla di Caio?

Che cosa potrebbe concludere dopo alcune clip di difesa personale in cui si vede tutto e il contrario di tutto?

L’interesse che una persona può esercitare su un’altra e che magari fa nascere una relazione è un’alchimia che si basa un mix di originalità e di inventiva. Qualcosa che rende unica la persona.

Pensare di rendere interessante una disciplina inonando il web di contenuti lunghissimi; andare a scrivere che chi pratica Karate, Judo o Aikido, tutte arti nate tra il XIX e il XX secolo, pratica le discipline degli antichi samurai; mettere foto a caso di giapponesi o cinesi con citazioni e kanji

…Tutto questo equivale a cercare di rendersi interessanti di fronte a qualcuno continuando a recitare a memoria un copione fatto delle frasi dei Baci Perugina. Ed è un po’ inutile lamentarsi se poi non si riesce a catturare un interesse vasto.

Prima ancora che una questione di competenza nel settore della comunicazione, fattore che comunque è un problema e non solo nel piccolo mondo delle discipline marziali, si tratta di una questione di originalità.

Non è necessario essere specialisti di comunicazione e di marketing per essere buoni insegnanti e far nascere un gruppo sano.

Però una passione genuina e sinceramente coltivata giorno dopo giorno diventa capace di accendere entusiasmo intorno a sé. In altri termini: se c’è un vero e continuo entusiasmo dentro, si vede anche fuori.

Spesso accade che siamo abili a raccontarci che siamo molto appassionati, che il nostro impegno quotidiano in un Dojo è il segno di un fuoco che brucia dentro. E’ proprio così? O è l’inerzia di un’abitudine con cui celiamo un fuoco spento che, anziché attrarre fa scappare, nel mentre ci conduce verso un pugno di mosche?

Un po’ come, visto che prima o poi tutti escono con una ragazza o un ragazzo, si finisce a dover pescare dal cesto della banalità:

“Scusa, ma il tuo Sensei è un ladro”?

Disclaimer: foto di Yan Krukau da Pexels

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