La misura del successo

Che cos’è il successo? E quali sono gli ingredienti per raggiungerlo?

Lo hanno chiesto degli analisti di McKinsey a centinaia di amministratori delegati di società non quotate in borsa. Queste persone dicono di essere manager di successo (e quindi di guidare aziende floride) perché:

  1. Sono persone con l’attitudine di voler sempre imparare e migliorare;
  2. Hanno l’umiltà di chiedere aiuto quando hanno bisogno;
  3. Hanno esperienze vaste, in settori funzionali al ruolo che ricoprono;
  4. Hanno maturato nel passato lunghe esperienze nei consigli di amministrazione e nei comitati di altre aziende, imparando sul campo la leadership;
  5. Hanno imparato dai fallimenti ad adattarsi velocemente ai cambiamenti.

Messa così, sembra fin troppo semplice. Se servono solo cinque ingredienti per essere top manager con stipendi stellari, allora, allegri ragazzi! Abbiamo risolto la crisi economica e finanziaria in cui ci troviamo.

In effetti non è così semplice e il successo dipende da una serie di fattori che spesso sfuggono dal nostro controllo.

Concentriamoci tuttavia su ciò che è nelle nostre possibilità. Proviamo a farci delle domande sull’efficacia delle discipline che pratichiamo. Un’efficacia non nel combattimento ma nel cambiamento.

Quanti allenamenti abbiamo vissuto o viviamo con una sorta di apatia che ci rende impermeabili alla possibilità di imparare? E, del resto, quanti ambienti sono capaci di stimolare la curiosità e soddisfare l’esigenza del miglioramento fisico, tecnico, personale?

Quante volte abbiamo avuto la pazienza (con noi stessi, con i compagni, con gli istruttori) di ammettere che non siamo poi così perfetti come pensiamo di essere? E quante volte, di conseguenza, accettiamo la condizione di dover chiedere supporto agli altri?

Quanto ci limitiamo alla singola esperienza che viviamo e quanto cerchiamo di ampliare i nostri orizzonti, senza perdere di vista l’importanza del lavoro che facciamo al dojo?

Quanto siamo ostaggio delle disillusioni, delle nostre difficoltà? Che peso diamo alle delusioni che il nostro fisico, il nostro sistema, il carattere nostro e degli altri generano? Riusciamo a vederle come strumento di evoluzione personale?

Piccole, semplici domande. Che mettono in evidenza una grande verità: spesso desideriamo obiettivi impossibili perché noi per primi non ci mettiamo in cammino sulla strada per raggiungerli.

Ritornando ai risultati dell’inchiesta sugli amministratori delegati… Bisogna, per onestà intellettuale, ricordarsi che è abbastanza facile raccontare i propri pregi.

Viviamo nel mondo dell’immagine, che solletica il nostro ego. Dai selfie con la “magnum” a far vedere agli altri che siamo belli, bravi buoni e che va tutto sempre al meglio.

E’ più difficile in realtà andare a individuare quelli che sono i nostri talenti. E quelli altrui.

E lavorare per poter sviluppare non solo quelli che abbiamo, ma quelli servono.

Essere una persona che vuole sempre imparare è un’attitudine certamente utile ma…sapere che cosa è prioritario imparare e che cosa serve davvero imparare è forse ancora più importante

Essere umili sicuramente è buona cosa e farsi aiutare insegna ad affrontare e risolvere problemi che sembrano insormontabili ma può anche abituare a giocare la propria partita sempre di sponda.

Avere esperienze vaste arricchisce, se e solo se si hanno radici solide, coltivate e accudite giorno dopo giorno. Diversamente si diventa banderuole umane.

Imparare sul campo la leadership è possibile ma saper servire se stessi e gli altri attraverso il comando è un’arte che non si impara se non si possiede.

Fallire, infine, è un’esperienza umana comune e ciclica. Accettare il fallimento e non crogiolarsi nella sconfitta, piuttosto usarla per rialzarsi, non è semplice.

Apprezziamo dunque come la pratica di una disciplina ci restituisca una prospettiva più sana sul successo, cioè l’individuazione del talento e la sua reale coltivazione. E’ questa dinamica che dà forza e credibilità alla pratica ed è su questo terreno che si può generare una versione migliore della persona e della società.

Disclaimer: foto di kumar gaurav da Pexels

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