Quando andiamo al Dojo, diciamo che andiamo ad allenarci. O che “andiamo al keiko“.
Dire “andare al keiko” fa molto professionista delle Arti Marziali. Quel tipo di persona che inizia a intercalare una parola in Italiano ogni due di Giapponese e che si straccia le vesti se uno ancora osa dire che “indossa il kimono“, anziché il gi.
Sul significato del termine keiko (稽古), è già stato scritto in modo approfondito. Dopo qualche anno di pratica inizia a diventare chiaro che non si tratti di un semplice allenamento ma soprattutto di un momento di riflessione e di messa a punto di quanto sperimentato e appreso fino a quel momento.
Che cosa alleniamo, dunque?
Noi crediamo che, in assoluto, la finalità del keiko sia l’allenamento della pazienza. Che è qualcosa che nessuno riceve dalla nascita ma che deve essere sviluppato e allenato.
Certo: sviluppiamo il corpo, impariamo movimenti e tecniche ed è indubbia la progressione di una persona che da principiante si trasforma in esperto.
Ma se, nel tempo, la performance fisica è destinata ad essere limitata, la capacità di far fronte al conflitto che varca il confine fisico e impatta sulla sfera emotiva è qualcosa che, se ben coltivata, cresce negli anni.
In Giapponese ci sono tre termini usati per definire la pazienza e riteniamo che il keiko sia il punto di convergenza di queste tre sfumature:
- Shinbou (辛抱), che è la capacità di accettare le emozioni e i sentimenti negativi e di custodirli dentro di sé;
- Gaman (我慢) indica la capacità di non essere arroganti e di accettare ciò che si patisce a livello fisico o comunque per cause che non dipendono da se stessi;
- Infine, il più utilizzato, nintai (忍耐) che indica la capacità di nascondere e sopportare ed è usato per quel tipo di pazienza che sopporta la fatica emotiva e mentale.
Noi, che da queste parti siamo figli della cultura greca e latina, usiamo il termine pazienza, che rimanda alla capacità di saper fronteggiare il dolore fisico o spirituale.
Come unire oriente e occidente e fare sintesi?
Crediamo che il keiko, opportunamente diretto, metta a nudo in modo costante i nostri limiti. O meglio, ci fa toccare con mano che, se da un lato la nostra crescita tecnica è (si spera!) evidente, dall’altro esistono costanti e crescenti margini di miglioramento. Sia su quanto sappiamo già fare, sia su quanto dobbiamo ancora imparare e/o perfezionare.
Per questo, quando nel Dojo falliamo, è lì che sviluppiamo la pazienza come capacità di accettare la frustrazione del fallimento e usarla, dentro di noi, come carburante per il miglioramento.
Che cosa dire però se la frustrazione nasce da dolore fisico, da uno stato di malattia, da un infortunio? O, nei casi fortunatamente più frequenti e molto più leggeri: come vivere quei momenti in cui al Dojo è oggettivamente l’altra persona che è responsabile di qualcosa che ci dà fastidio e che però è fuori dalla nostra capacità di decisione? In questi casi spesso ci si trova a riconoscere che è arroganza pensare di essere diversi da ogni altra persona. Siamo tutti fragili e siamo tutti certamente capaci di impattare sugli altri spesso in modo fastidioso. Accettare la nostra vera natura è uno dei segreti che si svelano nel tempo durante le ripetizioni che la disciplina, nel keiko, impone.
Infine, in che senso nascondere e sopportare possono essere due valori mediante i quali il keiko aiuta a migliorare?
Se nascondere significa seppellire emozioni dentro di sé, ben coperte da una maschera sociale, l’esperienza insegna che questo è uno dei modi più diretti per ottenere un esaurimento nervoso e naufragare.
Lo stesso possiamo affermare nel caso in cui sopportare significasse caricarsi sulle spalle un dolore per più tempo di quanto non serva.
Noi crediamo che una disciplina marziale sia un laboratorio interno che si avvale di strumenti esterni. Per questo è sempre bene prestare ascolto a quelli che sono i rimandi che arrivano da dentro. C’è una dimensione nascosta anche a noi stessi: la pazienza è accettarne l’esistenza, in noi e negli altri. Ed è nella capacità di accettare questa dimensione sconosciuta e imprevedibile, che risiede la necessità di sviluppare la pazienza, keiko dopo keiko, lungo tutta la durata del nostro viaggio.
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