L’ultima volta che ci eravamo allenati con Christian Tissier era il 2018. Una vita fa.
Avevamo iniziato a partecipare a suoi stage per una serie di fattori. Diversi insegnanti che avevamo incontrato sul nostro cammino erano stati -e alcuni sono tutt’ora- suoi allievi.
Molti praticanti di Aikido della nostra area si rifanno alla sua impostazione didattica e per anni abbiamo affiancato sessioni settimanali in questi gruppi all’allenamento costante nel nostro Dojo.
Così, avendo la fortuna di vivere in una città che regolarmente organizzava stage con Christian Tissier, abbiamo iniziato a mettere il naso in questi eventi. Eravamo cinture bianche che più bianche non si può.
Lo stage che si è svolto lo scorso fine settimana ci ha restituito un insegnante molto diverso dall’immagine che ricordavamo.
Non è una differenza tecnica. La tecnica di Christian Tissier è straordinariamente limpida. Il movimento è fluido e fulmineo, pienamente presente. La didattica è precisa, ampia, geniale e allo stesso tempo strutturata ed “esportabile”.
La differenza è sostanziale.
Gli stage di Tissier e dei suoi circoli erano -e sono- caratterizzati anche da una dimensione fisica significativa. Si lavora, si cade, si suda. Molto.
Per gli amanti del gi madido di sudore, anche in quest’occasione si è sudato… Molto meno a livello fisico e molto più a livello di integrazione profonda dell’insegnamento.
Abbiamo avuto l’impressione, a tratti anche verbalizzata, di trovarci di fronte a una persona che, essendo sui tatami da sessantaquattro anni, ha chiara consapevolezza di non averne altrettanti di fronte. Ma questo non diventa fonte di ansia, piuttosto di serenità.
Una persona che ha compreso ed è diventata testimone credibile della piena integrazione fisica dei principi insegnati.
E che dunque dà alla tecnica l’importanza che ha: relativa.
E’ stata una giornata di lavoro molto intenso sui principi: appoggi, sbilanciamento, asse, squilibrio, movimento. La stessa linea di lavoro che, su sua stessa ammissione, sta proponendo agli allenamenti per gli alti gradi a Vincennes, al Cercle Tissier, la sua casa madre.
Ma lavorare sui principi e chiedere -richiesta tanto più complicata quanto più i gradi sono elevati- di uscire dalla tecnica, non significa creare anarchia, illudersi di poter fare qualsiasi cosa. Né essere capaci.
Al contrario, il messaggio è stato chiaro: è nel rigore dell’esecuzione che si può, poi, trovare la libertà. Non viceversa. Così come è nella totale uguaglianza, nello specchiarsi nel compagno, che può scaturire la possibilità di fare qualcosa. E di farlo bene.
Libertà, uguaglianza…Mancherebbe,a rigore, la fraternità, per completare il trittico dei valori fondanti lo spirito francese. Di quella, Christian Tissier, non ha parlato. Ma l’atmosfera sul tatami la comunicava e non solo perché lui, per primo, disponibile come sempre, si è particolarmente dato alla platea. Ma perché il lavoro sui principi ha posto davvero tutti sul medesimo piano.
Insomma, l’impressione è che Tissier Shihan sia entrato in quella dimensione in cui abbiamo visto entrare altri mostri sacri dell’Aikido mondiale -per citare un altro ottavo dan: Seishiro Endo. Una pratica molto più profonda, un’atmosfera molto più rilassata e gioviale e un tentativo continuo di distillare un messaggio con la speranza che sia diffuso a quante più persone perché non vada perso.
Un po’ come il buon produttore di vini che sa quanta fatica c’è dietro ogni goccia di un’annata e spera che questa non vada persa ma possa allietare più tavoli possibili.
E siccome Italia e Francia sono legate -anche- dal buon vino, è proprio il caso di dire che in un contesto in cui nel tempo molti si inacidiscono, Christian Tissier è un vino che invecchiando aumenta la complessità della sua struttura ma lascia al palato di chi si avvicina una sensazione morbida, capace di raccontare la sua storia a chi voglia continuarla.
Che poi è il significato di tradizione.