Se si potesse dare un’etichetta al mese di settembre, non sarebbe sbagliato definirlo “il mese dei proclami”.
Un po’ come avviene a Capodanno, lo spartiacque tra l’estate e l’autunno, il periodo del riposo e la ripresa delle attività, stimola riflessioni, facilita consuntivi, solletica la progettualità, cercando nell’entusiasmo per ciò che sarà un rimedio per ciò che non è più: l’estate finita, un anno di lavoro con alti e bassi, successi e fallimenti.
Se “il mese dei proclami” funzionasse; se quanto asseriamo si realizzasse, vivremmo probabilmente “nel migliore dei mondi possibili”. Riunioni che iniziano e finiscono nei tempi concordati, clienti che pagano, consegne rispettate, lavori che gratificano. Sul piano relazionale: zero incomprensioni, serenità, rispetto per tutti e da tutti. Sul piano personale: una gestione coerente del tempo, migliorie tangibili, un’evoluzione soddisfacente del nostro io.
A fronte della molteplicità di legittime aspettative e di desideri che l’essere umano ripone nella ripresa delle sue attività, la natura, come spesso accade, risponde al contrario.
Gli alberi si spogliano, i colori si attenuano, il calore lentamente svanisce, i suoni si chetano e tutto ciò che era florida realtà estiva scivola verso una vita spoglia.
La natura prepara la primavera e l’estate che saranno attraverso la “via della spoliazione”. Se le piante pompassero linfa durante l’inverno, morirebbero o arriverebbero esauste nella stagione calda, fallendo lo scopo stesso per cui esistono.
La nostra pratica, la pratica dell’anno che verrà, se vuole essere fruttuosa, deve accettare questa legge di natura.
Alcuni compagni di viaggio non ci sono più. Ma altri arriveranno.
La forza e il vigore, anno dopo anno, mutano. Ma si potrà lavorare per sentire in modo più fine l’energia.
I limiti tecnici e fisici non scompariranno, anzi, diventeranno un frattale senza possibilità di soluzione. Impareremo la bellezza di avere margini di miglioramento sempre diversi.
Allora, se proprio a settembre occorre fare un proclama, che sia un anno di vita (e di pratica) “naturale”. Senza bisogno di nascondersi o rifugiarsi in artefatti, senza necessità di doversi creare mondi virtuali in cui ci ricacciamo per costruire una nostra identità messa in discussione da una società liquida, frenetica e a volte più grande della nostra capacità di comprensione.
In fondo, una pratica umile e fiduciosa di una disciplina, si basa sul rispetto di orari -e quindi è possibile, almeno in alcune parti della settimana, vivere in un mondo dove gli orari sono rispettati.
In fondo, una pratica di una disciplina svolta in modo aperto e disponibile verso i propri compagni, si basa sulla “sospensione del giudizio” – e quindi è possibile, non senza una sana fatica, creare relazioni improntate al rispetto e alla serenità.
In fondo, una pratica sincera di una disciplina e volta al proprio bene, non può che far crescere, nel silenzio dell’attesa, semi di cambiamento e di rinnovamento personale. La natura ci chiede solo pazienza e fiducia e un pizzico di laboriosa collaborazione.
Buona ripresa a tutti!
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