L’articolo di oggi esce nel giorno in cui si fa la memoria di Don Bosco, venerato nella Chiesa Cattolica come il “Santo dei giovani”.
A prescindere dalla scelta di ciascuno, che determina la propria posizione nei confronti della fede e dell’etica che ne consegue, quasi tutti siamo transitati in un oratorio. Luoghi in cui si cercava di aggregare bambini e bambine, adolescenti e giovani per offrire loro un luogo sicuro di svago, momenti di formazione e strumenti per orientare la propria vita.
Chi è stato in un oratorio e chi è transitato da un istituto salesiano per studiare, oltre alle ginocchia sbucciate per infinite gare di pallone, ha potuto fare esperienza diretta dell’allegria e del suo significato più profondo.
Don Bosco ai suoi ripeteva “Noi facciamo consistere la santità nello stare molto allegri”(MB V 356). Un’allegria che proviene dall’alacrità, dall’utilizzo pieno del tempo: nel gioco come nello studio, nello stare insieme come nei momenti di spiritualità personale. Da lì sgorga quel tipo di serenità e di gioia di chi sa -o sente- che della sua giornata ha spremuto tutto per ottenere qualcosa di buono per sé e per gli altri.
Ci piace ricordare oggi Don Bosco rendendo omaggio a un salesiano che è stato molto attivo in Giappone, dal 1926 fino alla sua morte nel 1965: don Vincenzo Cimatti.
Lo facciamo perché nella figura di don Cimatti e nel suo operato un po’ possiamo ritrovare la comune esperienza di ogni praticante di Arti Marziali e le affascinanti difficoltà nel fare sintesi del proprio bagaglio occidentale con il cuore della cultura ma anche della spiritualità orientale.
E anche perché crediamo che il Dojo sia uno dei tanti ambienti multiculturali in cui ognuno di noi si muove quotidianamente e da questo punto di vista non sia così diverso dal mondo in cui don Cimatti si trovò a fondare gli oratori in Giappone.
Don Cimatti fu sicuramente un cavallo di razza: laurea in Agraria, in Filosofia, in Pedagogia e diploma di composizione al Conservatorio. Ma non fu certamente facendo leva sul suo curriculum che aprì una breccia in Giappone.
Un Giappone schiacciato dalla povertà delle guerre, pieno di orfani. Da questo punto di vista, non diverso dalla Torino in cui viveva don Bosco. Né distante dalla realtà in cui i Salesiani operano con fatica e dedizione in Africa, Sud America e estremo oriente.
Di fronte ad una matrice culturale con radici così differenti dalle proprie, don Cimatti fece leva sul linguaggio universale dell’armonia. In particolare attraverso l’armonia della musica.
Chi fosse interessato ad approfondire, può leggere questo bellissimo intervento di don Claudio Ghione, che ha studiato a fondo la figura di don Cimatti.
Lentamente e progressivamente, su questo terreno di incontro, la società giapponese imparò a conoscere e apprezzare don Cimatti e viceversa, a tal punto da essere invitato a comporre una sonata da trasmettere nella radio imperiale per il duemilaseicentesimo anniversario della fondazione dell’Impero.
La sua vita porta con sé oltre duemila esibizioni musicali, composizioni a dozzine, l’apertura di centri per l’infanzia, oratori e scuole professionali anche a Tokyo. Tutto ciò gli valse la più alta onoreficenza possibile ad uno straniero, conferitagli dall’Imperatore.
Ma tutto parte da quella parolina greca, “armonia”, dalla capacità di mettere una unita alle altre cose, persone, situazioni, realtà distinte e uniche, per farne qualcosa di bello, utile, nuovo.
E se per un sacerdote tutto ciò è fatto per testimoniare la propria fede che alla radice dell’armonia ci sia un fondamento divino che rende ogni persona fratello nella medesima famiglia umana, che cosa può spingere un laico a calpestare un tatami?
Che cosa può portare ad agire, verso i propri compagni di pratica e fuori dal Dojo, la convinzione che il primo kanji che compone la parola Aikido, 合氣道 , significhi effettivamente “armonia”?
Che ambiente può essere il Dojo in una condizione di multiculturalità e che testimonianza può offrire?
In quale misura può essere considerato un luogo dove “stare molto allegri”?
Domande aperte, che certamente non hanno avuto una forma molto diversa da quelle che si pose don Cimatti, trovando una risposta tale per cui, ancora oggi viene venerato e onorato nel “suo” Giappone.
(Nella foto: チマッティ資料館 – Cimatti Shiryoukan Tokyo, Chofu, ogni diritto riservato)