Granada, 8 dicembre 2019. Avevamo appena concluso uno degli stage più intensi e impegnativi di sempre, sotto la guida di Seishiro Endo.
Nessuno poteva immaginare che di lì a pochi mesi le abitudini di tutti sarebbero cambiate, alcune solo per gli anni della pandemia. Altre, per sempre.
Endo ripeteva sempre due linee guida per la migliore fruizione del suo insegnamento. Da un lato ricordava a tutti che la sua età non garantiva la certezza della sua presenza in futuro. Dall’altro sottolineava che il suo ruolo era di dare spunti, su cui riflettere e approfondire nel lavoro quotidiano nelle proprie realtà di pratica.
Cinque anni dopo, siamo a Napoli a conoscere Kaname Ariga, che di Seishiro Endo è allievo e, di fatto, successore nel supervisionare i gruppi che in giro per il mondo ne seguono l’impostazione tecnica.
Tante cose sono cambiate, nel mentre. Il gruppo europeo che si riferisce a Seishiro Endo, il Musubi Dojos, nel mentre ha perso il proprio coordinatore, la figura carismatica di Matti Joensuu.
Però, all’inizio dello stage, Kaname Ariga ricorda che per lui la pratica dell’Aikido è facilitare lo scambio di idee e che la sua è una proposta su cui impegnarsi per un weekend ma da elaborare ognuno nella sua realtà.
Ecco la continuità, forse il vero senso del concetto di tradizione: si raccoglie il testimone dal passato per continuare un percorso.
Il punto di contatto tra passato, presente e futuro risiede nei principi che, in questo stile, si fondano sui concetti di atari (当たり) e musubi (結び). Di mantenere una connessione calda.
Chiunque pratichi Aikido da un po’ di tempo sviluppa una propria consapevolezza rispetto ai concetti di radicamento, connessione, centralità, estensione, squilibrio, intenzione…
Usando una metafora di Luis Mochon, che è stato di grande supporto nel decodificare sul tatami e fuori la proposta didattica, si possono parlare lingue differenti e, nonostante ciò riuscire a comunicare, così come si può parlare la stessa lingua e non capirsi. Se si riesce a individuare, comprendere e condividere la funzione dello strumento usato, la connessione tra due soggetti sortisce l’effetto desiderato.
Ridurre il concetto di atari al contatto o all’azione di uke e di musubi alla connessione che si genera nella coppia è pericolosamente riduttivo. Anche perché la lingua giapponese è sufficientemente caotica da mandare fuori giri chi si limiti ad una comprensione letterale e mentale di quanto ascolta. Atari è il contatto, il bersaglio, il successo, la previsione, il livido…ma è anche omofono di vicinanza, affabilità.
La comprensione deve essere pertanto necessariamente facilitata dalla pratica diretta con l’insegnante e con allievi esperti. Da questo punto di vista, Kaname Ariga si è rivelato un insegnante che, come il Seishiro Endo che abbiamo conosciuto noi, pratica con tutti i presenti. Una persona che non ha paura di invertire i ruoli tori e uke, di farsi prendere e di cadere.
E il suo invito di praticare con studenti esperti non solo è stato saggio ma ha rivelato la consapevolezza che questa linea didattica è molto chiara per l’impostazione delle tecniche vere e proprie ma non si posa su una schematizzazione geometrica dei principi.
Il lavoro sugli assi, sulla mobilizzazione delle spalle, sulla totale rilassatezza del movimento seppure mantenuto in estensione e sul principio di ten-chi come attivatore del movimento e quindi delle tecniche è stato molto interessante.
Di per sé un lavoro di ki-hon, di base; forse perché ogni successore ha il diritto e il dovere di ripartire da un punto zero per essere incisivo. Forse perché, per quanta buona volontà ci possa mettere l’allievo, l’allievo tende spesso a guardare il dito e non la Luna, soprattutto se per arrivare alla Luna il lavoro da fare non è solo di comprendere il concetto ma di viverlo.
Un insegnante esperto sa vedere a colpo d’occhio se la platea che ha di fronte muove il corpo o incarna un principio e Kaname Ariga esperto lo è
Abbiamo avuto il piacere di condividere con lui anche il tempo fuori dal tatami; una persona estremamente disponibile, che non crea ma riduce le distanze e che si cura di verificare se il suo messaggio sia arrivato in modo chiaro e costruttivo.
Questo tipo di attitudine è ciò che lascia maggiormente traccia in noi che attraversiamo questi mondi per testare il nostro percorso con strumenti diversi tra loro ed è ciò che, in una successione che segna un passaggio generazionale, permette di guardare al presente e al futuro con ottimismo, per chi lo segue e in generale per l’intero ambiente dell’Aikido.
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