La placca inserita dalla Nasa nelle sonde Pioneer 10 e 11 aveva acceso la fantasia di noi bambini nati tra gli anni settanta e ottanta. C’era tutto: il mistero dell’esplorazione spaziale; la tecnologia che faceva passi da gigante; la curiosità, mista a speranza e timori, di sapere se siamo soli in questo Universo.
La placca era stata pensata per far capire, a un ipotetico extraterrestre, da dove arrivasse la sonda, la posizione della Terra nella nostra galassia e un messaggio di pace dal genere umano, raffigurato da un uomo che saluta a fianco di una donna. Entrambi nudi.
Se c’è vita intelligente nell’universo e se mai il Pioneer finirà in mano a un alieno, probabilmente sarà proprio questo il motivo del mancato contatto tra le due culture. L’extraterrestre arriverà alla conclusione che un uomo e una donna che stanno lì a salutare gli alieni, nudi, sono irrimediabilmente destinati all’estinzione e quindi non vale la pena sbattersi per entrare in contatto con noi. Peccato.
Tornando a noi, questa placca ha stimolato la realizzazione di questo schema:
Una galassia esplorabile
Abbiamo provato a rappresentare la posizione del praticante di Aikido nella galassia dei principi che compongono il programma tecnico.
Abbiamo tracciato le linee col colore del grado in cui appaiono per la prima volta: giallo per il quinto kyu, arancione per il quarto e così via.
Al di là del fatto che, man mano che si avanza, lo studio riguarda molte forme di attacco e quindi diventa variegato e impegnativo, questa rappresentazione ci dice che il grosso della “cassetta degli attrezzi” di un praticante si acquista entro il terzo, secondo kyu.
Sono invece relativamente poche, perlomeno sotto il profilo numerico, le novità dopo il primo kyu.
Una traiettoria a forma di spirale
Esattamente come la nostra galassia, anche la traiettoria della pratica segue la forma di una spirale.
Una traiettoria ricorsiva. Nei primi tempi, perché occorre esplorare la grammatica di base. Successivamente perché occorre usare la grammatica per potersi esprimere in modo sempre più articolato.
Esattamente come nel linguaggio usiamo le medesime parole per esprimere frasi semplici o complesse, nella pratica torniamo iterativamente a praticare un numero di principi che, come si vede, non è poi così vasto.
Uscire dal recinto
Eppure, questo continuo ritorno sulle medesime traiettorie non è una circolarità. Se srotoliamo una spirale, ci rendiamo conto che dall’ultima volta che abbiamo eseguito un esercizio o una tecnica abbiamo percorso una distanza che diventa progressivamente più ampia ogni volta.
Voltandoci, dovremmo vedere che il nostro punto di partenza è là, sempre più lontano.
A volte questo non capita. Come per il Pioneer, occorre avere la curiosità di sapere che cosa c’è là, dietro l’angolo. E serve la perizia di chi ha il coraggio di proporre soluzioni -in questo caso didattiche– che osino andare oltre lo stereotipo e l’abitudine. Oltre il copiare, incollare e inculcare qualcosa talvolta nemmeno così ben compreso.
Esplorazione e conservazione
In conclusione, non c’è possibilità di progresso senza un’esplorazione che si radichi su solidi pilastri. Sapere tornare al punto di partenza e ricordarsi di chi siamo e da dove arriviamo è fondamentale per osare tracciare una rotta.
“Tradizione e innovazione”, direbbe il trito marketing fai da te. E se l’extraterrestre leggesse questo messaggio, arrivato a questa frase non si iscriverebbe mai a un corso di Aikido e farebbe bene.
Noi preferiamo “esplorazione e conservazione”. La spirale, infatti, può propagarsi all’infinito ma da qualche parte origina e da qualche parte il viaggio deve pur condurre. Intercettare ricorsivamente le traiettorie dei principi (detto semplicemente: eseguire ikkyo, nikyo, bla bla bla) serve per orientarsi ed evitare che la nostra sonda si perda nello spazio profondo di una ricerca fine a se stessa o, peggio, finalizzata a trasformare il praticante in un eterno incompiuto.
Disclaimer: Dettaglio della Placca del Pioneer 10 – Foto tratta dagli asset digitali della NASA