Chi legge queste pagine, conosce bene il termine Dojo, 道場 il luogo dove si vive il cammino, il do.
Oggi invece parliamo del nyokodo 如己堂, letteralmente, la sala (dell’amore) come a se stessi.
Il mondo della pratica marziale è abbastanza polarizzato rispetto alla tematica dell’amore. Su alcuni tatami, parlarne equivale quasi a un’eresia. Su altri, semplicemente, lo si considera come un argomento estraneo alla semplice dimensione fisica dell’allenamento. Su altri ancora è un argomento che attraversa la disciplina. In altri ancora, infine, ciò che è spirituale prende il sopravvento sugli aspetti propriamente tecnici della disciplina.
Ne parliamo perché il tempo lo richiede. La pace si fa sempre più fragile, dentro le nazioni e tra i popoli. Violenze inaudite vengono presentate come ragionevoli e il diritto cede il passo sempre più alla volgarità dei proclami. I cosiddetti “grandi” della Terra…Seguono vie meschine, aumentando disuguaglianze.
Ne parliamo perché, come praticanti di Aikido in particolare e in generale come persone che cercano di camminare su un sentiero, in qualche modo siamo tutti chiamati a costruire dentro di noi la consapevolezza che la pace è l’unico obiettivo del nostro allenarci.
Ne parliamo, infine, perché le radici della nostra pratica affondano nel sentire giapponese. Ed è dal sentire giapponese che nasce il nyokodo. Anzi, dalla pagina più buia della recente storia mondiale, che in Giappone ha scatenato l’inferno nucleare. Quell’inferno che sembra così remoto ma che rosseggia all’orizzonte delle nostre giornate.
Paolo Takashi Nagai era un medico radiologo che stava lavorando nel bunker dell’ospedale di Nagasaki, quel 9 agosto 1945, quando cadde la seconda bomba. Pur ferito gravemente, sopravvisse, dedicandosi nei primi tre giorni a curare ininterrottamente i feriti.
Solo tre giorni dopo riuscì a fare ritorno a Urakami, il sobborgo di Nagasaki dove viveva con la moglie, Marina Midori Moriyama. I figli erano già sfollati fuori città, dai nonni.
La casa era ridotta in cenere. Qualche osso carbonizzato a fianco a un rosario sciolto dal calore: Takashi aveva trovato ciò che rimaneva di sua moglie.
Vendetta? Disperazione? Odio? Lasciarsi andare? Guardiamo alle nostre reazioni emotive di fronte alle notizie di cronaca. Al quotidiano scempio che ci viene propinato e di fronte al quale molti, pure quelli che si dedicano a…studiare il conflitto con molto zelo formale nei nostri Dojo, iniziano a esternare la propria polarizzazione.
E’ colpa di quello che ha aggredito. No, è colpa dell’altro che non doveva provocare. No, aspetta, bisogna deportare quelli da casa loro. Ah no, aspetta ancora, è sacrosanto tirare su quei muri…
E via dicendo, facendosi cassa di risonanza di cose più grandi di noi. Smettendo di fatto non solo di essere studiosi del conflitto ma, peggio, di essere cooperatori per un mondo in pace.
Takashi Nagai, non appena vide che l’erba tornava a crescere, prese la decisione di costruire il nyokodo. Una capanna di quattro metri quadrati in cui dal 1948 fino alla morte per leucemia nel 1951, visse con i suoi due figli.
Quattro. Metri. Quadrati. Due tatami.
Che cosa siamo in grado di fare noi, con due tatami? Possiamo cambiare il mondo, stando su due tatami?
Takashi e sua moglie lo hanno fatto. Non nel senso in cui penseremmo: le guerre, come vediamo, continuano. Le ingiustizie pure.
Ma nel deserto totale, nella landa atomica, quella catapecchia è diventata il cuore pulsante di una forza nuova. Un uomo schiantato dalla vita, malato senza possibilità di scampo, ha dato l’impulso alla ricostruzione di un ospedale, di una chiesa, di strutture perché ci si potesse prendere cura gli uni degli altri. E anche di bellezza, piantando cento ciliegi.
Perché non si può alla fine parlare di amore, se non si vede negli altri un altro se stesso.
La regione di Nagasaki è storicamente un luogo in cui la presenza di cristiani giapponesi ha portato a cruente repressioni nel corso dei secoli. La famiglia di Midori era la famiglia che ha guidato la comunità clandestina, per quasi tre secoli di totale chiusura del Giappone.
Ciò che doveva spazzare via ogni traccia di vita, con una bomba atomica, ha fatto nascere il paradosso. Ciò che era nel massimo della debolezza ha ridato vita.
Sara ed io non facciamo mistero del nostro credo. Proviamo ad essere cristiani. Se poi ci riusciamo, questo non sta a noi dirlo.
La pratica delle discipline marziali ci porta a contatto non solo con un altro sentire, con forme e spiritualità diverse. Ci porta a contatto con persone di tutti i tipi, ognuno col suo vissuto, ognuno con la propria struttura. E’ una ricchezza. E’ qualcosa da rispettare e coltivare. E’ una sfida.
L’Aikido è un’esperienza al contempo fisica e spirituale ed è un grande laboratorio di una sana laicità. La cura per il proprio compagno; l’attenzione a non ledere; la tensione a creare un’occasione in cui poter crescere, evolvere e costruire la versione migliore di noi e di quel pezzo di società di cui facciamo parte sono obiettivi alti.
Morihei Ueshiba parlava apertamente di amore:
Questo Universo è composto da molte parti diverse, eppure l’Universo nel suo insieme è unito come una famiglia e simboleggia lo stato di pace finale. Mantenendo una tale visione dell’Universo, l’Aikido non può essere altro che un’arte marziale di amore (intervista del 1957).
e altrove aveva dichiarato:
Non ci sarà pace sulla terra finché ci occuperemo dei nostri affari meschini dandoci reciproco fastidio. Buoni o cattivi apparteniamo tutti alla stessa famiglia creata da Dio. Dio desidera che manteniamo questa famiglia unita ed armoniosa. Per compiere la sua volontà dovremmo abbandonare ogni attaccamento, evitare le cose relative. Fortunatamente possiamo servire Dio creando una ideale società umana attraverso la pratica dell’Aikido.
Farneticazioni di un vecchio a suo tempo fanatico? Visioni di un mistico? Manipolazioni di un caposcuola? Scintille di verità?
A ognuno la sua conclusione. Sta di fatto che persone come Takashi Nagai hanno saputo vivere e testimoniare in modo positivo ed eroico non solo il distacco e l’abbandono di ogni attaccamento ma anche l’amore come se stessi, diventando instancabili promotori di bene per altri.
Questa è Pace.
E’ ciò che serve all’umanità. E’ ciò che serve a noi.
Ed è qualcosa che può intuire chiunque. La grandezza dell’Aikido -del Budo- rettamente intesi è poter condurre chiunque a contemplare il compagno di pratica come un altro se stesso. In questo risiede la sacralità di un Dojo.
Testimoni come Takashi Nagai ci mostrano il livello successivo, ciò che un Dojo da solo non può dare e ciò che, in realtà, un Dojo necessita. La trasformazione in un nyokodo, in un luogo dove comprendere perché e a causa di chi amare gli altri come se stessi.
Edit: Quanto abbiamo cercato di comunicare in queste righe è il motivo per cui nel “nostro” Dojo abbiamo deciso di apporre, tra le foto di Jigoro Kano e di Morihei Ueshiba, le foto di Takashi e Midori Nagai.