- Io sono il Sensei tuo Maestro, non avrai altro Insegnante all’infuori di me.
- Non nominare il nome di O’ Sensei invano.
- Ricordati di partecipare agli Stage Nazionali.
- Onora il Senpai e il Koai.
- Non uccidere (e spezzare ossa).
- Non commettere tecniche impure (e con l’uso della forza).
- Non rubare (dan, cose e allievi).
- Non dire falsa testimonianza (specialmente sul proprio Curriculum).
- Non desiderare i gradi Dan di altri.
- Non desiderare il tatami d’altri.
Con questi 10 comandamenti si pone luce a tutte quelle situazioni nelle quali prima o poi ci si ritrova praticando un’Arte marziale.
Col primo comandamento si evidenzia il comportamento del maestro (con la “m” minuscola) il quale impone il divieto assoluto ai propri allievi di andare a stage di altri insegnanti. Questo comando assolutamente ingiustificato ed ingiustificabile, a parer mio, evidenzia l’insicurezza proprio di quel maestro che teme il confronto. Al fine di evitare paragoni fra ciò che insegna lui e ciò che insegnano gli altri preferisce dettare norme imperative e divieti assoluti facendoli piovere dall’alto come se a imporli fosse Dio in persona. Inutile consigliare a quegli allievi di scappare il più lontano possibile da quella tipologia di maestri.
Col secondo comandamento si vuole consigliare la prudenza nel richiamare frasi e aneddoti del fondatore dell’Aikido se non si è più che certi di quello che si sta riportando. Al giorno d’oggi anche un bambino è in grado di fare qualche ricerca sul web e di rendersi conto delle tante “gaffe” che si fanno sul tatami. Perciò meglio dire concetti partoriti dalla propria mente e dalla propria esperienza che fare dei pappagalli male addestrati. Una frase detta in modo semplice e convinta ha più incisività di una poesia mal recitata in giapponese.
Col terzo comandamento si ricorda a tutti gli Aikidoka che far parte di una Federazione comporta onori e oneri. E’ bello poter dare maggior peso a un proprio stage con il logo della Federazione messo a caratteri cubitali ma se poi si è assenti all’evento formativo annuale per insegnanti e tecnici e un po’ come voler far parte di una giuria senza nemmeno conoscere il tema di ciò che si andrà a giudicare. Alla fine basta avere un po’ di coerenza tra ciò che si fa e ciò che si è veramente.
Col quarto comandamento si ricorda a tutti noi che, indipendentemente dal nostro attuale grado, avremo sempre dei compagni da rispettare con più esperienza di noi (Senpai) e dei compagni da tutelare con meno esperienza di noi (Koai). Onorando i nostri compagni onoreremo anche noi stessi e il nostro percorso di crescita.
Col quinto comandamento si rammenta che in molti ordinamenti giuridici, se non tutti, l’omicidio è punito severamente. Pertanto, anche se impariamo tecniche efficaci e potenti, è bene ricordarsi che l’applicazione di queste tecniche micidiali dev’essere proporzionata alle capacità di sopravvivenza del nostro compagno di pratica (Uke) anche se siamo sotto stress da esame. Ritengo che i compagni che accettano di essere i nostri Uke per gli esami debbano essere considerati Santi subito!
Col sesto comandamento si sottolinea l’importanza della concentrazione durante l’esecuzione delle tecniche che stiamo apprendendo. Molte tecniche sfruttano la forza delle leve articolari ed è un attimo che il nostro compagno si può fare male a causa della nostra incapacità di ascoltare e sentire i limiti altrui. Spesso aggiustiamo l’imperfezione delle nostre tecniche con l’uso della forza. Troppo comodo! Il nostro compagno di pratica pur di non soffrire sotto la nostra leva di certo non ostacolerà l’esecuzione mal fatta della tecnica e noi ci crederemo dei gran figli di O’ Sensei (chiedo scusa per aver violato il secondo comandamento). Arriverà prima o poi l’occasione in cui un compagno più forte di noi e con una soglia del dolore molto elevata ci farà capire quanto poco siano efficaci le nostre tecniche. Ed è proprio in quel momento che dovremmo capire che combattere usando la forza è come farsi un autogol. Perciò meno forza e più precisione. Meno fare e più essere!
Col settimo comandamento si rammenta che l’azione indicata è un vero e proprio reato marziale. A parte gli scherzi, è risibile. E’ controproducente cercare di accaparrarsi gli allievi del vicino. Meglio piuttosto collaborare fra Dojo vicini e permettere ai propri allievi di fare esperienze comuni. L’unione fa la forza per entrambe le scuole!
Con l’ottavo comandamento si richiama il comportamento di coloro i quali si spacciano per ottavi e noni dan (spesso auto attribuiti) o si spacciano per allievi del Sensei più in voga del momento. Ripeto, è un attimo che il fumo sparisce e che resta un arrosto bruciacchiato con ancora qualche piuma attaccata. Se volete essere apprezzati dagli altri fatelo attraverso la divulgazione della nostra splendida disciplina marziale e non attraverso gradi alti sulla carta ma poi insignificanti sul tatami.
Con il nono comandamento si pone l’attenzione al continuo pericolo di voler essere più bravi e belli degli altri. Non cerchiamo il confronto con il percorso degli altri ma, piuttosto, cerchiamo di essere sempre un po’ migliori di noi stessi del giorno prima. Non sprechiamo il nostro tempo a roderci il fegato sul perché c’è chi ha gradi alti riconosciuti (da chi poi?) ma poi dimostra di essere povero di Aikido con parole e gesti…. Io valgo per quello che sono e faccio e non per quello che sono e fanno gli altri. La domanda utile da porsi è: sto migliorando me stesso con l’Aikido?
Col decimo ed ultimo comandamento si ricorda che nel mondo ci sarà sempre un dojo più bello e un tatami più morbido e profumato su cui poter cadere. Ciò non deve farci salire la gelosia ma anzi dovrebbe darci spunto per sognare un nostro Dojo e un nostro tatami. Il mio augurio per me e per voi è che il nostro tatami sia sempre pieno di persone innamorate della vita e felici di crescere insieme ai propri compagni e al proprio Sensei.
Buona pratica a tutti voi!