Qualche settimana fa ci trovavamo in un giardino a bordo strada di un piccolo paese. Giornata di pieno sole, alberi in fiore, canti di uccelli che volavano intorno a noi.
In questa scena idilliaca, quasi zuccherosa alla Disney, il nostro sguardo è stato attratto dalla sagoma di una piccola femmina di passero. Una pallina di piume con becco e coda che cinguettava tranquilla su un arbusto. Ad un tratto, la sua decisione di spiccare un volo incerto per fermarsi in mezzo alla strada.
Le strade di paese sono poco trafficate. Ma se proprio devono essere attraversate da un veicolo, questo deve essere necessariamente un SUV che, non curante del gruppetto di passeri in mezzo alla strada deserta, ha pensato bene di non toccare il freno.
Così, il piccolo passero, provando a scansarsi, è stato urtato dalla scocca, rimanendo a terra.
Di per sé questa storia sarebbe una piccola storia. Milioni di vite, umane, animali e vegetali, si accendono e si spengono quotidianamente. Il più delle volte nel più silenzioso degli anonimati.
Ma la condividiamo perché è quello che è avvenuto dopo che ha qualcosa da dirci.
Vedendo la sagoma del passero a terra, immobile, ho provato rabbia per l’insensibilità di chi era al volante. Un passero è un passero, d’accordo. Ma non avere cura di dettagli piccoli e indifesi solitamente porta a non avere cura di situazioni più grandi e complesse.
Ho emesso anche la mia sentenza, dicendo a Sara: “E’ morto, lascia perdere”. E me ne sono rimasto fermo lì, nel disagio del bambino che si vede rovinato il cartone animato della Disney.
Vedo Sara invece camminare verso la sagoma del passero, tirare fuori un fazzoletto, raccogliere il piccolo animale, spostarsi a bordo strada e poggiare il tutto su una mensola.
“Lo butterà”, pensavo.
Invece no. Il passero, non si sa bene come, era sopravvissuto integro alla botta. Era rimasto pietrificato, incapace di reagire. Il battito a mille ma gli occhi vispi. Zampe, ali, collo, coda…tutto incredibilmente integro.
Messo vicino a un cespuglio, dopo qualche minuto, in un battito di ali si è nascosto, mentre uno dei genitori, dall’albero a fianco, ha iniziato a scendere per richiamarlo. Il mattino dopo era lì, a svolazzare di nuovo tra albero e cespuglio. Il lieto fine, incredibilmente, ha trovato modo di prendere forma.
Questa piccola vicenda ha messo a nudo alcune caratteristiche delle mie reazioni. In fondo, in quel momento, il cervello di un passero, grosso come una nocciola, si è comportato esattamente come il mio. Di fronte all’imprevisto pericolo, il passero si è totalmente paralizzato. Io mi sono irrigidito nel giudicare quello che avevo visto. Fosse stato per me, lo avrei lasciato lì, perché tanto per me era già morto.
Col risultato che sarebbe stato davvero schiacciato da un’altra automobile.
Invece…
Invece solo chi ha il coraggio di prendere contatto -anche fisicamente- con quanto ci coinvolge (fisicamente, emotivamente, relazionalmente), può vedere realmente.
Oltre la sentenza già emessa.
Oltre la realtà percepita.
Curare il pregiudizio si può. Bisogna avere…Cura. Di sé, degli altri, delle piccole cose. Attenzione nello stare nel presente e non in quello che crediamo stia succedendo. Perché a volte, quello che è ovvio, non è ovvio affatto. Quello che vale poco ai nostri occhi rispecchia la pochezza del nostro giudizio, la sua immaturità, la paura che lo genera.
Quanti momenti buttati via, quante relazioni rovinate, perché letteralmente pre-giudicate. Quante occasioni di crescita personale rimandate e quindi disperse: nello studio, nel lavoro, nella pratica di una disciplina.
Il “qui e ora” esige umiltà e a volte un passero cade a terra per ricordarcelo. Grazie alla vita e grazie a Sara per avermi aiutato ad aprire un po’ più gli occhi su quello che fin da bambino pensavo di aver capito e che in realtà non avevo mai “visto”.
Due passeri non si vendono forse per un soldo? Eppure neanche uno di essi cadrà a terra senza che il Padre vostro lo voglia.
Quanto a voi, perfino i capelli del vostro capo sono tutti contati; non abbiate dunque timore: voi valete più di molti passeri!