Qualche giorno fa un caro amico, maestro di Aikido, ci ricordava come sia errato riferirsi a un praticante di Aikido definendolo “aikidoka”, perché il suffisso -ka si riferisce ad un praticante esperto. Ad una persona che arrivi ad una maestria riconosciuta nella disciplina.
Si dovrebbe dire, più correttamente, aikidoista.
Questo concetto, in sé linguisticamente corretto, apre l’orizzonte a considerazioni più ampie che proviamo a condividere nelle prossime righe.
Nella nostra lingua, stretta discendente del Greco e del Latino, i suffissi -ismo e -ista sono molto noti ed usati e spesso legati. Il ciclista pratica il ciclismo; l’alpinista l’alpinismo…
Insomma, per rimanere nello sport, l’agonismo è portato avanti dall’agonista.
A rigore, dunque, l’aikidoista dovrebbe praticare (o seguire) l’aikidoismo (*).
Invece, come sappiamo, l’aikidoista pratica Aikido.
Nella nostra lingua, tutto ciò che termina col suffisso -ismo è riferito a vocaboli astratti che spaziano dall’indicare ideologie e movimenti (religiosi, culturali, politici, artistici) all’indicare attitudini individuali o collettive. Il plurale -ismi, generalmente, ha connotazione esclusivamente negativa, riferita all’eccesso ideologico che porta ad una perdita di libertà individuali e collettive.
Pensando alla storia ed alla politica nostrana ed europea del ventesimo secolo, la nostra mente può individuare diversi -ismi che hanno segnato profondamente l’anima della nostra nazione e della cultura continentale, lasciando cicatrici che bruciano ancora oggi.
Tuttavia, noi pratichiamo Aikido. O Karate. O Judo. O altre discipline. Certamente non pratichiamo Aikidoismo, Karateismo o Judoismo. Nemmeno MMAismo. No?
Però ogni volta che usiamo queste discipline come strumenti non per migliorarci ma per imporci; ogni volta che fingiamo dialogo -anche sui social- ma in realtà facciamo di tutto per non ascoltare o per aver ragione; ogni volta che praticanti esperti -o se vogliamo chiamarli “tecnici”- danno di sé immagine di una rissosa e brontolona comunità che fa molto poco per trovare nuovi linguaggi o per proporre quelli antichi in modo appetibile a un mondo che ne ha comunque bisogno…
Ecco, in queste situazioni e in queste condizioni, probabilmente noi siamo davvero aikidoisti, perché davvero pratichiamo l’Aikidoismo. Un assoluto che serve per prevaricare. Qualcosa che non fa vivere altri perché ci uccide dentro. Tutti belli omologati, perfetti nel nostro castello di carte mentale tirato a lucido.
Piccole e parziali considerazioni di fine estate per capire con che spirito ci approcceremo ad un anno di pratica che verrà ed alle sue inevitabili difficoltà.
Se a prevalere sarà il -do, quale che sia la strada, sarà una strada di crescita. Tecnica, fisica, culturale, spirituale. Anche se dovesse essere un anno con intermittenze, dificoltà logisitiche, programmi tecnici che dovranno essere sufficientemente elastici ancora per un po’ dal rispetto di norme di sicurezza.
Se a prevalere sarà l’-ismo, quale che sia la ripresa, anche una ripresa con modalità pre-Covid, rimarremo al palo, forse regredendo.
(*) Disclaimer.
Prima che ci sia segnalato nei commenti: non esiste il calcista o il calcismo; il pallavolista non pratica pallavolismo e il rugbista il rugbismo. Al di là delle regole grammaticali e delle eccezioni, c’è la sostanza ed è su questo che abbiamo offerto una riflessione. Nella speranza di poter usare il termine aikidoka (o karateka o judoka) ricordandoci che quel -ka è una meta che forse non si conquisterà mai pienamente.